Alimentazione
Sport e metabolismo: strategie nutrizionali per la performance atletica

Nel mondo dello sport, l’alimentazione è diventata parte integrante della strategia di allenamento. Non si tratta più soltanto di “fare il pieno di energia”, ma di scegliere i nutrienti giusti in base agli obiettivi: resistenza, forza, recupero. Negli ultimi anni, una proposta inaspettata ha guadagnato attenzione: la dieta chetogenica, cioè un regime alimentare a basso contenuto di carboidrati e ricco di grassi, capace di spostare il metabolismo verso l’utilizzo dei chetoni come carburante principale. Ma può davvero funzionare per atleti e sportivi? Alcuni la considerano una strategia efficace per resistenza e concentrazione, altri la ritengono poco adatta a sport ad alta intensità.
Cosa significa “funzionale” nello sport
Prima di entrare nel merito, è utile chiarire cosa significa che un’alimentazione sia “funzionale”. In ambito sportivo non basta garantire calorie sufficienti: l’obiettivo è ottimizzare il metabolismo energetico, favorire il recupero muscolare, ridurre i tempi di affaticamento e, quando serve, modulare la composizione corporea. Non esiste una dieta universale valida per tutti: la scelta dipende da disciplina, intensità, durata dello sforzo e fase della stagione sportiva. Diversi studi hanno osservato che, dopo una fase di adattamento di alcune settimane, gli atleti che seguono una dieta chetogenica riescono a mantenere performance di endurance comparabili a quelle di chi segue regimi più tradizionali. L’organismo impara a ossidare i grassi come principale fonte energetica, riducendo la dipendenza dal glicogeno muscolare. Questo significa poter affrontare lunghi allenamenti o gare di resistenza con una maggiore stabilità energetica. Inoltre, alcuni dati mostrano una riduzione dell’accumulo di lattato e un miglior recupero in sport di lunga durata. La maggiore “flessibilità metabolica” potrebbe dunque rappresentare un vantaggio per chi deve sostenere sforzi moderati ma prolungati.
Forza, sprint e performance breve
Il discorso cambia quando si parla di sforzi brevi, esplosivi e ad alta intensità. Discipline come sollevamento pesi, sprint o sport di squadra basati su scatti ripetuti richiedono glicogeno muscolare disponibile, perché il metabolismo dei carboidrati è quello che fornisce energia più rapidamente. In questi casi la dieta chetogenica potrebbe risultare meno efficace, soprattutto nelle fasi iniziali di adattamento. Alcune ricerche tuttavia indicano che, una volta stabilizzata, non compromette la forza massimale e in certi casi può addirittura preservare la potenza anaerobica. Ma l’impatto varia da atleta ad atleta, e molto dipende dall’obiettivo prioritario: massimizzare la forza pura o privilegiare il controllo della massa grassa.
Recupero e infiammazione
Un altro tema centrale è il recupero post-allenamento. Alcuni studi riportano che la chetosi può ridurre marker di infiammazione e stress ossidativo, favorendo un recupero muscolare più rapido. Questo potrebbe tradursi in una minore sensazione di fatica e nella possibilità di allenarsi con maggiore frequenza. Tuttavia, le evidenze non sono ancora definitive e richiedono ulteriori conferme, in particolare sugli effetti a lungo termine. Ciò che emerge con chiarezza è che l’alimentazione chetogenica cambia radicalmente il modo in cui il corpo gestisce energia e adattamento, e questo può avere ricadute diverse a seconda del contesto sportivo. Uno dei punti di forza più citati della dieta chetogenica riguarda la capacità di ridurre la massa grassa preservando la massa muscolare. Per uno sportivo, questo può tradursi in un miglior rapporto peso-potenza, vantaggioso in discipline come ciclismo, corsa o arrampicata. Inoltre, la chetosi tende a favorire un maggiore senso di sazietà, che può aiutare a controllare l’introito calorico senza percepire eccessiva fame. Alcuni atleti riferiscono anche una maggiore chiarezza mentale durante gli allenamenti, dovuta alla stabilità dei livelli di zucchero nel sangue.
Non bisogna però dimenticare i possibili limiti. In sport ad alta intensità, la ridotta disponibilità di glicogeno può rappresentare un freno. Inoltre, nelle prime settimane di adattamento molti atleti sperimentano la cosiddetta “keto flu”: stanchezza, irritabilità, calo di concentrazione. A lungo termine, se non pianificata con attenzione, la dieta chetogenica può esporre a carenze di micronutrienti e alterazioni del profilo lipidico. Ecco perché non può essere adottata come “ricetta standard”, ma va valutata con attenzione e chiaramente monitorata da professionisti esperti.
La dieta per sport di lunga durata
Alla luce di quanto detto, appare evidente che la dieta chetogenica non è né la soluzione miracolosa né una bufala da scartare a priori: è una strategia che può funzionare in certi contesti, ma non in altri. Un ciclista che affronta gare di lunga durata può trarre vantaggio dall’aumentata capacità di ossidare grassi, mentre un velocista o un calciatore che si affida a scatti esplosivi rischia di penalizzare la propria performance. Per questo motivo la personalizzazione è cruciale. L’approccio deve tenere conto della disciplina, del calendario sportivo, della fase di allenamento e delle caratteristiche individuali.
In definitiva, la dieta chetogenica può rappresentare uno strumento utile nello sport, a patto che venga integrata in un piano nutrizionale personalizzato e seguita con monitoraggi regolari. È capace di migliorare la resistenza e il controllo del peso, può supportare il recupero, ma mostra limiti negli sport che richiedono potenza anaerobica elevata. Non si tratta quindi di scegliere tra “pro” e “contro”, bensì di capire se e quando adottarla in base al contesto. L’alimentazione nello sport non è mai neutra: è parte integrante della prestazione. E come ogni strategia efficace, richiede conoscenza, attenzione ai dettagli e la capacità di adattarsi. Solo così si trasforma in un vero alleato per la performance.
