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Il fenomeno delle “Sephora Kids”: la pressione della bellezza sui giovanissimi

Il fenomeno #SephoraKids evidenzia la crescente pressione estetica su bambine e preadolescenti, che emulano influencer nella cura della pelle. Questo porta a problematiche come la cosmeticoressia, una distorsione dell’immagine corporea. È fondamentale intervenire tempestivamente con la psicoterapia per prevenire disturbi più gravi

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Il fenomeno delle “Sephora Kids”: la pressione della bellezza sui giovanissimi

Negli ultimi mesi, un nuovo e preoccupante fenomeno ha catturato l’attenzione dei media e degli esperti di salute mentale: l’hashtag #SephoraKids. Questo trend, diventato virale sui social, soprattutto su TikTok, è legato a bambine e preadolescenti che mostrano la propria routine di cura della pelle, utilizzando prodotti cosmetici come sieri e creme antiage. Le protagoniste, spesso di età compresa tra gli 8 e i 14 anni, sono state ribattezzate “Sephora Kids” proprio perché frequentano abitualmente i negozi del noto marchio di bellezza, maneggiando tester e chiedendo consigli sui prodotti.

Il fenomeno non si limita solo alle mini influencer, come le figlie delle Kardashian che condividono tutorial per la cura della pelle, ma coinvolge un numero crescente di coetanee che cercano di emulare queste figure idolatrate. La pressione per conformarsi a questi modelli estetici porta molte giovani ad avvicinarsi precocemente al mondo della cosmetica, spesso con ripercussioni psicologiche significative. Il rischio non è soltanto estetico, ma può sfociare in disturbi legati all’immagine corporea e al rapporto con il proprio aspetto.

Cosmeticoressia: un disturbo emergente

L’eccessiva attenzione al proprio aspetto fisico e l’uso esasperato di prodotti di bellezza da parte di bambini e preadolescenti rientra in un fenomeno definito “cosmeticoressia”. Sebbene non riconosciuto ufficialmente come disturbo autonomo, la cosmeticoressia condivide molte caratteristiche con patologie note come il dismorfismo corporeo e i disturbi alimentari. In questi casi, i soggetti sviluppano una percezione distorta del proprio corpo, concentrandosi su difetti percepiti – reali o immaginari – che finiscono per monopolizzare i loro pensieri e comportamenti.

Le persone affette da cosmeticoressia passano gran parte del tempo a tentare di nascondere o correggere questi difetti, attraverso l’uso costante di specchi o l’ossessivo confronto con le immagini sui social media. La continua ricerca di rassicurazione amplifica l’ansia e peggiora la condizione, creando una sorta di prigione psicologica da cui è difficile uscire. Non si tratta solo di un disagio estetico, ma di una vera e propria perdita di entusiasmo per la vita sociale, scolastica e relazionale.

L’impatto dei social media sulla percezione corporea

Il ruolo dei social media in questo fenomeno è cruciale. Piattaforme come TikTok e Instagram alimentano l’idea che la perfezione estetica sia sinonimo di successo personale e felicità. Gli influencer, che incarnano questo modello irraggiungibile, diventano punti di riferimento per i giovanissimi, che si sentono costantemente sotto pressione per adeguarsi agli standard estetici imposti dai social. Le ricerche dimostrano che più tempo si trascorre sui social media, più aumenta l’insoddisfazione verso la propria immagine corporea, con un conseguente incremento dei comportamenti ossessivi di controllo e verifica del proprio aspetto.

Prevenire e curare la cosmeticoressia

Intervenire tempestivamente è fondamentale per evitare che la cosmeticoressia si trasformi in un disturbo cronico. Il primo passo è riconoscere i segnali di allarme: l’aumento del tempo trascorso davanti allo specchio, la ricerca ossessiva di prodotti cosmetici e l’isolamento sociale. Una volta identificato il problema, la psicoterapia, in particolare quella strategica breve, può essere efficace per lavorare sulle credenze distorte, sulla percezione emotiva e sui comportamenti ossessivi legati al corpo. Il percorso terapeutico punta a sbloccare i sintomi più invalidanti e a sviluppare l’autostima e l’autoefficacia del paziente, restituendogli un rapporto più sereno con il proprio corpo e con il mondo esterno.

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